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Razzismo e xenofobia, il disastro culturale della ex sinistra

15 dicembre 2011

E’ possibile che il tentato pogrom di Torino e la strage di Firenze abbiano reso coscienti anche gli ambienti politici e culturali della ex sinistra dei disastri sociali e culturali causati dalla loro adesione dell’ideologia liberista e individualista corrente. Qualcuno starà probabilmente scoprendo che razzismo e xenofobia sono penetrati profondamente negli ambienti giornalistici e politici italiani – un’ambigua rettifica e richiesta di scuse da parte di un giornale è stata scambiata per atto di coraggio (leggere questo articolo può essere utile) – e che mancano anche gli strumenti per affrontare l’emergenza etica e culturale in corso.

A chi parlava della Lega Nord come di una “costola della sinistra” (il compagno D’Alema), a chi più recentemente ha detto – intervistato dal quotidiano La Padania – “io so che la Lega non è razzista” (il compagno Bersani), è probabile che in questi giorni siano fischiate le orecchie. Di certo ieri al presidio fiorentino dopo la strage compiuta in piazza Dalmazia, le presenze e le dichiarazioni di sindaco, assessori, esponenti di primo piano del partito di governo, stridevano con tutto il resto.

Stridevano perché nessuno ha dimenticato l’ordinanza fiorentina contro i lavavetri – anno di grazia 2007 – autentico manifesto politico sull’abbandono della cultura della solidarietà e dell’uguaglianza e atto d’approdo al pensiero liberista e individualista dominante. E nessuno ignora che l’attuale amministrazione guidata dal giovane Matteo Renzi  ha non solo recepito, bensì esteso quell’ordinanza. La guerra ai poveri è un tratto caratterizzante dell’ideologia (bipartisan) corrente.

Questi sono i giorni dell’indignazione e delle manifestazioni antirazziste, ma sarebbe bene che si astenesse dall’una e dalle altre chi è stato partecipe, in questi anni,  della politica della paura che ha caratterizzato la vita pubblica nel nostro paese. Un po’ di rispetto per i morti e per chi non ha mai ceduto, pur essendo minoranza.

Quel che davvero serve è la ricostruzione di una cultura dei diritti, della giustizia sociale, del pluralismo di lingue e culture.

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