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Curano la malattia con il virus che la genera (il liberismo con il liberismo)!

13 novembre 2011

Dunque la cura per i misfatti del neoliberismo globale pare consistere in un’iniezione di iper liberismo. E’ la via sulla quale si sta incamminando l’Italia, sospinta dall’Unione Europea e incurante del terrificante esempio greco. Via Berlusconi, ecco l’economista Monti, campione del neoliberismo sia in campo accademico (alla Bocconi), sia a livello istituzionale (come commissario europeo incaricato di agevolare il primato dei mercati), sia nel mondo degli affari (come consulente della famigerata Goldman Sachs).

Mario Monti con la moglie

L’Italia, come altri paesi, è prostrata da un eccesso di debito pubblico, provocato dall’elefantiasi finanziaria imposta dai gestori del neoliberismo, che hanno applicato alcune regole capestro: compressione dei salari fino a favorire le assurde  delocalizzazioni delle aziende in paesi privi di tutele sindacali; riduzione del welfare e dei servizi pubblici, cioè taglio dei salari reali; deregulation finanziaria, con la formazione di una gigantesca bolla e l’agevolazione suicida dell’indebitamento privato, con pratiche finanziarie che sono diventato un misto di sregolato marketing ed usura. Si è arrivati a una crisi di sovraproduzione, con disoccupazione di massa, specie giovanile, e l’esplosione inevitabile della bolla finanziaria, alimentata, fra le altre cose, dall’enorme spostamento della ricchezza dal lavoro dipendente alla rendita e al profitto.

Se prevalesse la logica, la via d’uscita dal disastro in corso andrebbe cercata lontano dalle cause del male. Chi deve curare una malattia, di solito non si inocula bacilli dello stesso male che lo sta affliggendo. Ma in politica – se ancora vogliamo chiamarla così – si ragiona fuori da ogni logica. Ecco quindi una cura, affidata in Italia al professor Monti, ma con l’eterodirezione della troika (Fmi, Ue, Bce), con misure come:  privatizzazioni di quel poco di pubblico che è rimasto; (s)vendita del patrimonio pubblico immobiliare e agricolo accumulato nei secoli; taglio della spesa sociale e delle pensioni. In più, beffa nella beffa, si dirà che la riduzione delle tutele per chi lavora, servirà ai giovani e a rilanciare la mitica crescita, rispetto alla quale, naturalmente, nessuno dice che cosa si dovrebbe produrre di nuovo e soprattutto per venderlo a chi, visto che in Italia e all’estero gli stipendi calano, le pensioni pure e i tagli alla spesa sociale porteranno una riduzione ulteriore dei salari reali.

Nessuno, del resto, pone questa semplice domanda: crescita di che cosa? Per chi? Nel conformismo di massa dei media e dei politici, di queste cose non si parla. E nemmeno ci si domanda se abbia davvero senso impiccare un paese per generazioni al cappio del debito pubblico, impoverendo milioni di persone al fine di ripagare il  credito di banche, istituti finanziari e così via. Paradosso nel paradosso, l’iperliberismo sarà sostenuto da tutte le forze politiche, di destra e – soprattutto, con più entusiasmo – di centrosinistra (vedi il tragico editoriale di Eugenio Scalfari, una sorta di de prufundis per questo schieramento, che sarà presto costretto ad allinerasi, anche formalmente, alla destra liberista e industrialista). Il disastro è annunciato:  si eviterà probabilmente il fallimento a breve termine della finanza pubblica, ma si condannerà il paese, e soprattutto il lavoro dipendente e i giovani senza occupazione, a qualche decennio di vita stentata e sotto il giogo di un pugno di imprenditori e finanzieri. La Grecia insegna. Con un’altra variabile in agguato: la stretta autoritaria per sedare sul nascere possibili ribellioni. La tecnocrazia si avvarrrà senza scrupoli dei poteri di polizia.

L’alternativa? Cambiare logica. Creare un’opposizione sociale e culturale che dica la verità. E cioè che il debito va congelato in attesa di valutare in che misura e come ripagarlo (gli interessi valgono 80  miliardi l’anno); che va abbandonato il dogma della crescita e che si deve pensare alle vere priorità, cioè garanzie sociali per tutti e tutela del patrimonio pubblico e delle risorse autentiche del paese, ossia paesaggio, terreni agricoli, vivibilità delle città. Ci vorrebbe quindi un piano di tutele sociali per tutti, a cominciare dal reddito di cittadinanza, e un’inversione del rapporto fra pubblico e privato: basta con l’ideologia del mercato che regola tutto e che va perciò favorita, a vantaggio di un indirizzo democratico delle attività economiche, con un progetto vero di rilancio dell’agricoltura, di conversione delle industrie nocive, superate e inutili (a cominciare da quella automobilistica), di piccole opere pubbliche di tutela del territorio, di investimento nelle energie rinnovabili, di espansione di reti di economia locale solidale.

Il benessere e la coesione sociale devono essere i veri obiettivi, non il disperato e insensato tentativo di piegare la realtà ai dogmi di un’ideologia.

6 commenti leave one →
  1. Weininger permalink
    13 novembre 2011 17:48

    Pienamente d’accordo. Troppo sospetto conformismo in giro.

  2. tommaso permalink
    16 novembre 2011 17:54

    Mario Monti un campione del neoliberismo?! Su quali basi questa affermazione? Uno che è stato anni alla commissione Europea occupandosi di antitrust e uno che mette come sottosegretario l’ex responsabile dell’antitrust italiano un NEOLIBERISTA? Ma l’ha studiata un pò di teoria economica prima di scrivere quest’articolo? Da quello che leggo e ho letto su Mario Monti, il prof. mi sembra un economista molto neoKeneysiano.

    Attendo le sue risposte.

    • guadagnucci permalink*
      17 novembre 2011 08:15

      Il neoliberismo è un’ideologia e una pratica politica che si è affermata nel mondo da circa trent’anni e si basa, grosso modo, sull’idea che i mercati devono essere lasciati liberi di agire, minimizzando l’intervento pubblico in economia: il mercato, si sostiene, ha la capacità di autoregolarsi e di allocare al meglio le risorse. Privatizzazioni e liberalizzazioni dei servizi pubblici, deregulation della finanza, libera circolazione dei capitali, riduzione della spesa sociale sono i pilastri di questa ideologia, largamente messa in pratica nel mondo – dall’America Latina all’Asia, all’Africa – con la regìa delle grandi organizzazini sovranazionali (Wto, Fmi, Bm). Sono le linee guida della dottrina economica insegnata nelle università (a cominciare dalla Bocconi) e applicata, con maggiore o minore intensità, dall’Unione europea e dai governi nazionali, con rare, parziali eccezioni. M. è uno dei tanti, convinti sostenitori di questa dottrina: basta leggere la collezione dei suoi interventi sul Corriere della sera – quotidiano che sposa in modo convinto questa dottrina – per rendersene conto.
      Alla Commissione europea M. si è occupato, appunto, di garantire l’efficienza dei mercati: le authorities, dice la dottrina, servono a evitare che si formino situazioni di distorsione della concorrenza, dopo le privatizzazione e le liberalizzazioni. Ma la premessa politica è naturalmente la riduzione – tendenzialmente l’annullamento – della gestione pubblica dei servizi. D’altronde M. è stato finora advisor (consigliere) di Coca Cola, una delle più grandi corporations del pianeta, cioè uno dei protagonisti della globalizzazione neoliberista: uno di quei soggetti che travalicano la sovranità nazionale e si muovono nel mondo alla ricerca dei maggiori profitti (a proposito: uno dei regali” del neoliberismo sono le delocalizzazioni, con le aziende che si spostano laddove il costo del lavoro è più basso, le organizzazioni sindacali assenti, nel totale disinteresse degli effetti sociali di queste condotte). Coca Cola, fra tante altre cose, si è impegnata in questi anni nella riduzione a merce dell’acqua, un tempo “bene comune” in quanto risorsa vitale (in Italia un referfendum ha di recente ribadito questo concetto, ma i governi B. e M. pare che se ne siano già dimenticati). M. è stato finora anche consigliere di Goldman Sachs, uno dei soggetti più nefasti della finanza internazionale: la deregulation finanziaria, se ne converrà, è responsabile di molti dei guasti economici e dei disastri sociali che in questi mesi definiamo “crisi”.
      Detto questo, ciascuno è libero di pensare o magari di sperare – come la quasi totalità dei parlamentari e quasi tutti i commentatori dei giornali – che la lettera della Bce del 5 agosto (una ricetta di puro stampo neoliberista), e testo guida per l’azione del governo M., sia la cura giusta per affrontare la malattia che affligge l’Italia e il resto d’Europa: io non lo credo e penso che si dovrebbe invece camnbiare radicalmente strada. E tuttavia non si può davvero dubitare della perfetta sintonia di M. con l’impostazione dominante.

  3. tommaso permalink
    17 novembre 2011 15:49

    Come lei afferma, il Neoliberismo è una pratica politica ed ideologica. Si ispira alla dottrina (strettamente economica) Neoclassica. Se lei ha seguito un pò l’attività accademica del Prof. Monti potrà evincere che i suoi studi hanno un’impostazione tutt’altro che Neoclassica. Il prof. Monti non professa la libertà assoluta dei mercati. Le sue idee coinvolgono piuttosto una regolamentazione economica più efficiente e più libera solo in alcuni aspetti, solo per aumentarne l’equità. I suoi papers e articoli hanno un’impostazione neoKeynesiana, che mette al centro la domanda aggregata (e quindi il lavoro e l’output).

    Essere advisor di questa o quella multinazionale non vuol dire nulla. Un advisor è una figura che, viste le competenze, consiglia strategie efficienti. Mi sarei preoccupato se Monti avesse ricoperto cariche esecutive nelle compagnie che lei ha elencato.

    Flessibilità del mercato del lavoro, privatizzazioni e liberalizzazioni non sono una scelta automaticamente neoliberista. Con un corretto bilanciamento nelle policies, possono rappresentare un grande avanzamento nell’equità di un sistema economico. In particolar modo le liberalizzazioni nelle professioni e nei servizi locali.
    Per quanto riguarda le privatizzazioni, lei parla di investimenti nelle energie rinnovabili. Lei crede che con uno stato proprietario di ENI questi investimenti possano mai essere realizzati con tutto il loro potenziale e l’appoggio della struttura legale? Trenitalia è una vergogna e chi ne paga le conseguenze sono i pendolari, e potrei continuare.

    Tutto il resto è retorica, spinta da dogmi ideologici e poca informazione.

    • guadagnucci permalink*
      17 novembre 2011 16:08

      Mi pare che lei confermi che stiamo parlando del neoliberismo corrente, cosa di cui peraltro nessuno dubita (magari dia un’occhiata a Internazionale in uscita domani): del resto basta leggere la lettera della Bce e il programma di governo appena annunciato… Anche Thatcher, Reagan e tutti i loro seguaci fino ai ministri dell’ultimo nostro governo hanno sempre spiegato che tutto veniva fatto nell’ottica di una maggiore efficienza ed equità. Ma quel che resta sono i fatti: diseguaglianze abnormi, un sistema finanziario drogato, neoschiavismo dilagante, emergenza ambientale gravissima e via elencando. E tutto ciò dovrebbe essere curato privatizzando, liberalizzando, aumentando i consumi, lo sfruttamento dell’ambiente? Ciascuno è libero di pensare che siano le cose giuste da fare, ma è altrettanto certo che in questo modo si resta nel recinto ideologico e politico che ha creato i disastri sociali e ambientali da cui siamo circondati. Bisognerebbe cominciare a riconoscere che questo sistema ideologico non è l’unica via possibile. Mi rendo conto che questa posizione è al momento minoritaria, almeno in Europa, e che deve confrontarsi con poteri strabordanti, i quali però stanno affrontando una grave crisi interna e di credibilità. Il fatto che siamo arrivati a un governo tecnico, che l’esercizio della democrazia sia diventato così precario, dovrebbe far venire dei dubbi anche a chi è convinto che la via finora seguita sia la migliore possibile.
      (grazie comunque dello scambio)

      • tommaso permalink
        18 novembre 2011 00:32

        Capisco la sua posizione e mi permetto di concludere. Anche io penso che questo non sia il migliore dei mondi possibili. Credo anche io che la “turbofinanza” e la ricerca del profitto strettamente monetario abbia finora spinto la società verso modelli non sostenibili (dal punto di vista ambientale e sociale).

        Ritengo però che il mondo non vada migliorato “picconando” o accettando ciecamente l’attuale status quo. I modelli economici ambientalisti, basati sullo sviluppo umano stanno crescendo in consenso e vengono sempre di più presi in considerazione nei modelli tradizionali.

        Penso che il mondo vada cambiato con le sfumature, piuttosto che cercando di coprire col colore.

        Grazie a lei!

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